Su “il rubastino” di questo mese, ho provato ad offrire un primo ritratto della figura di Saverio De Palo, restituendo parte della ricerca condotta sulla sua figura nei ritagli di tempo di questo 2021.
Dico “parte della ricerca” perché la centralità di De Palo nella Resistenza genovese e sull’appennino ligure-piemontese è tale da permettere una ricostruzione della vicenda biografica perfino più approfondita.
Spriano, Pansa, Battaglia, Lazagna, sono solo alcuni nomi di storici della Resistenza che hanno citato la figura di Saverio De Palo e raccontato episodi della sua attività partigana. Vi sono poi le memorie scritte dai sopravvissuti all’eccidio della Benedicta, che raccontano il temperamento e il coraggio del partigiano “Macchi”. E infine il diario di don Ginocchio, il sacerdote della Val Borbera che nei suoi diari ne racconta la fine e la sepoltura data dagli abitanti di Dova Superiore, un atto di estrema umanità in una quotidianità segnata dai rastrellamenti nazisti.
Oggi De Palo riposa nel Cimitero monumentale dei Partigiani a Genova. Il capoluogo ligure lo ricorda con ben due lapidi. D’altra parte, la sua era una figura molto nota agli antifascisti e ai lavoratori genovesi, per i quali era semplicemente “il barese”. Anche l’OVRA, la polizia fascista, lo conosceva bene ma non riuscì mai a catturarlo.
Insomma, ci sarebbe tanto da dire e restituire alla collettività, provando a rendere chiaro quanto la Resistenza fosse non un fenomeno secondario e principalmente settentrionale, ma una scelta – giusta – davanti alla quale vennero a trovarsi decine di migliaia di meridionali. E tra questi almeno un centinaio di ruvesi.
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