Nell’immagine si vedono le mani di uno dei medici dell’equipe del dott. Attilio Ascarelli intente a liberare i polsi di un cadavere in stato avanzato di decomposizione.
Siamo a Roma all’interno delle Fosse Ardeatine, fine luglio 1944. Sono passati quattro mesi dalla strage nazista del 24 marzo. I corpi delle 335 vittime, accatastati per lungo tempo, sono ridotti a brandelli in via di saponificazione.
Cominciate le procedure di esumazione, si susseguono per settimane, se non mesi, le scene strazianti di madri, mogli e figli in preda al dolore e allo sconcerto nell’atto di identificare i cadaveri di padri, fratelli, mariti e amici.
Elenco questi particolari non per fare una pornografia del dolore, ma per sottolineare la ferita enorme che l’eccidio delle Fosse Ardeatine ha rappresentato per i romani e per tutte le famiglie coinvolte. In quelle cave persero la vita sotto il piombo tedesco e grazie alla complicità italiana anche due terlizzesi dei quali troppo spesso dimentichiamo i nomi, ormai relegati a insegne stradali: don Pietro Pappagallo e Gioacchino Gesmundo.
Oggi Giorgia Meloni ha sostenuto che le 335 vittime furono “innocenti massacrati solo perché italiani”. Un’affermazione inaccettabile. Quei 335 erano certamente italiani, ma le ragioni che li condussero al massacro risiedevano nel fatto che fossero antifascisti, partigiani, ebrei e perfino cittadini estranei alla Resistenza. 335 nomi inseriti in una lista redatta con il contributo di italiani fascisti che si dedicarono con zelo a soddisfare il desiderio di vendetta dei tedeschi.
Questo è stato l’eccidio delle Fosse Ardeatine, eppure ancora una volta si gioca a costruire un discorso pubblico artefatto, in cui scompaiono del tutto le ragioni delle vittime e i moventi dei carnefici, occultati nel grande calderone dell’identità nazionale.
Non so se Giorgia Meloni sia un’appassionata di film. Le consiglierei la visione di “Giorni di gloria”, pellicola del 1945 diretta da Luchino Visconti e Marcello Pagliero. Si tratta di un titolo che dirà poco ai più, eppure è uno dei primi docufilm girati nell’Italia liberata. Nella parte centrale compaiono le scene girate in presa diretta durante l’esumazione delle 335 vittime all’interno delle Fosse Ardeatine. Da quelle scene è estratta l’immagine qui sotto.
Soffermarsi un attimo a guardare quelle immagini consentirebbe di capire perché non si debba mai parlare con superficialità “onnicomprensiva” di eventi che stanno alla base della nostra storia repubblicana. Vale per le Fosse Ardeatine e vale per altre commemorazioni.
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